Antonio Corvaglia

Quando il fiammifero diventa opera d’arte – Agosto 1991

 

Una sorta di meraviglia per la rarità delle opere e per la particolarità della tela: superficie composta da lamine stratificate di fiammiferi a legno consumati. Osservando i lavori di Corvaglia si provano sensazioni particolari, ma anche un forte impatto dovuto alla bellezza delle opere e poi alla loro conoscenza. Risalta il colore, unico del legno, ma ancora non lo sai. Quello che comprendi immediatamente è il fato di essere di fronte ad una persona che è in grado di dominare la materia e di farlo con lo slancio della creatività e tutto l’afflato cristiano. Questo non è poco per comprendere che si è di fronte ad un artista che con l’arte ha un rapporto di servizio e non di sudditanza o di strumento.

 

Corvaglia dipinge su tele fiammiferate che lui stesso crea con pazienza certosina. A contatto con il legno incerto del fiammifero spento, Antonio ritrova il senso delle cose semplici della natura che sono alle origini della esistenza.

 

Occorrono molte lamine di fiammiferi, fino a 30 strati, per poter avere la materia prima. Per certi versi viene spontaneo paragonale la tela di Corvaglia  al pezzo di legno di Collodi. Ciò che li accomuna è l’anima interiore, pronta a sprigionarsi, che i legni sembrano possedere, per dare origine alla immagine e poi al soffio che vivifica la creazione artistica, conferendo le un movimento, una sembianza vera, una immagine che riesce a parlarti. E’ a questo punto che l’artista si accosta al suo legno con profondo rispetto  e con la tecnica dell’incavo che non permette distrazioni. Lavora con entusiasmo sapendo di raccontare la sua antica vocazione e, al tempo stesso, di dover creare  guidando una mano che dolcemente penetra nel legno composto e tenero segnato dalla forza distruttiva del fuoco subito spento, ma comunque compromesso irreparabilmente. C’è la sintesi della vita nello spiegamento artistico di questo uomo; egli utilizza oggetti bruciati che vengono rimessi assieme e riunificati dalla volontà della ricostruzione e poi utilizzarli per scrivere il suo profondo pensiero dell’anima che adagia sul viso dei personaggi che lui riesce a creare e a far sentire come vivi.

 

Corvaglia è un uomo buono, semplice, che ama dare un senso alla vita, recuperando valori e contenuti per un modo di essere secondo le regole della lealtà e della naturalità. Nel suo procedere artistico domina una luce, oltre quella sempre illuminante del suo ego, che è quella intrinseca che viene sprigionata dal bruciato incipiente e diffuso in modo sfumato che conferisce al legno il naturale chiaro-scuro, il movimento, la dimensione che l’artista crea partendo dal distrutto o, se volete, dal bruciato che si trasforma in energia vitale.

 

La volontà creativa e la ispirazione, qualità che non possono essere programmate, seguono gradualmente il modellato e sembrano essere finalizzate alla creazione fine a se stessa.